Mese: Maggio 2011

Il cimitero di Sandefjord

Quando si viaggia per turismo, o quando si viaggia per lavoro e resta qualche scampolo di tempo, ci sono sempre alcune cose da fare:

  1. accendere il televisore. Negli hotel, come succede in Italia, l’apparecchio è sempre impostato sui canali a pagamento e intrattenimento per adulti. Occorre una certa perizia per uscire dal percorso guidato e trovare le reti televisive in chiaro;
  2. un salto nelle botteghe, non per il gusto di fare shopping ma per vedere cosa compera la gente del posto, osservare come sono disposti i prodotti, i grembiuli delle commesse, le corsie, gli scaffali, la merce. Da quello che mangia la gente si capiscono molte cose;
  3. un salto in tabaccheria, per vedere quali sono le sigarette del popolo, il nome, il colore del pacchetto. Soprattutto, annnusare. In certi posti, è incredibile, esistono ancora le drogherie!
  4. una visita al cimitero,  per vedere la disposizione delle lapidi e cercare di leggere quanto c’è scritto, per approfondire, verificare se in ogni latitudine coloro che muoiono sono sempre state buone persone,  strappate prematuramente all’affetto dei propri cari e poi vedere quale importanza si danno alle proprie spoglie mortali.

A Sandefjord, come in tutta la Norvegia, credo, c’è la buona abitudine di terminare presto il lavoro, per cui, venerdì pomeriggio le botteghe erano chiuse, il centro commerciale pure, il museo delle balene mi ha concesso una rapida visita di quindici minuti… mi è rimasto solo il punto 4 da approfondire.

Un bel cimitero, con le lapidi disposte quasi a caso, sparpagliate. Niente di monumentale, semplici pietre affogate nella terra, nell’erba.  Poche scritte e sembra quasi che chi è seppellito si stia scusando per il disturbo arrecato. Un cimitero vero insomma.

Infine, ho avuto ancora una volta la conferma che i nostri palinsesti televisivi sono tutti appiattiti su culi, tette e trasmissioni ipnotizzanti.
Da quelle parti invece, esiste ancora questo:

La mia vicina è felice


La
mia vicina che canta è una vicina felice.

E’ incredibile come riesca a godere con poco. Dovrei curiosare sul campanello, vedere il cognome e studiarne le origini perché la sua esuberanza mi ricorda tanto quella di una donna di Peschici che amava cantare in mezzo alla via e parlare con tutti i turisti.
Come dicevo una volta, lei canta. Se è domenica  gorgheggia una melodia: ” la domenicaaaa …la domenicaaa”.
Mi sono appena googolato per capire, approfondire, scoprire e non sono rimasto sorpreso: si tratta della sigla della trasmissione pomeridiana su canale 5. Quello che mi disorienta è che lei continua a cantarla, per minuti, quarti e ore. Ed è capacissima di cantarla anche al lunedì, al martedì e via di seguito.
Qualche settimana fa ha raggiunto alte vette. Con espressioni dialettali molto schiette ha gridato:
“Questa sera vince Andreaaa!”
Mentre mi chiedevo chi diavolo fosse questo Andrea, lei è esplosa:
“Questa sera vince Andrea…deve vincere Andrea…DE VE VIN CE RE AN DREA, sì, sì, questa sera vince Andrea”. Ed è partita, così, come una pallina del flipper. Sull’aria di O Bella Ciao e poi del poropoppero, ha proseguito per una decina di minuti sulle note del Va Pensiero e su  Mira il tuo popolo, bella Signora, che pien di giubilo oggi ti onora. Si è infine interrotta per alcuni minuti e poi, infornando un tacchino o tirando la cera ha di nuovo scandito:
“DE VE VIN CE RE AN DREA!  DE VE VIN CE RE AN DREA! ”
I suoi auspici, la sua danza della pioggia hanno avuto effetto perché questo Andrea me lo sono ritrovato il giorno dopo sulla pagina web del Corriere.
Purtroppo, quest’anno la sua amata squadra non le ha dato le soddisfazioni dello scorso anno:  i porcaputtana di coppa si sono sentiti in tutto il vicinato. Anche Valentino Rossi le procura grossi dispiaceri ma nonostante tutto rimane felice e per suo marito, che probabilmente non gliene importa nulla dell’Inter, ancora meno delle moto e zero assoluto di Andrea, fa una fedele radiocronaca di ogni evento.
E se non c’è alcuna competizione in corso, nessun evento sportivo o mediatico, si appoggia alla ringhiera del balcone con la sigaretta fra le dita, guarda in alto verso le montagne e prende ispirazione:
“Giorgio…stasera piove. Eh Sì, stasera piove…” Rullata di tamburi, uno stacco e poi parte: “Stasera piove, eh sì, stasera piove, STA SE RA PIO VE, guarda che scuro che fa in montagna, stasera piove. Giorgio, stasera deve piovere”, il tutto sull’aria di qualche ultimo successo discografico ma contando anche sugli evergreen, tipo Voglio una Vita Spericolata o Vagabondo e virando poi sul patriottico, addirittura l’Inno d’Italia. Spesso mi chiedo chi sia l’uomo in quella casa, lei o il marito.
Eppure, quando la vedo sul balcone con la cicca in bocca mi viene facile pensare che nelle sue umili passioni, nei suoi leggeri interessi, sia una persona felice.
E a volta fa invidia.