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La Corsa – 15

Se vi capita di correre al Central Park noterete ben presto che che è popolato quasi esclusivamente da forestieri. Sono tutti di colore i bambini che giocano nel prato, hanno tutte l’accento dell’Est le donne sedute sulle panchine, vicino al castello di legno.
La lingua romena è in una tonalità che devo ancora decifrare, comunque sta sopra le righe, pare quasi una nota inesistente, trattenuta. Mi ricorda un atterraggio lungo, di quelli che ti fanno puntare i piedi sul sedile davanti.

Vi sono delle rare eccezioni ma una cosa è sicura: gli stranieri amano la vita all’aria aperta, a noi piace stare al chiuso, in casa propria o nei centri commerciali.

Con qualche eccezione.

Ad esempio, alla curva del Morar ogni tanto c’è un senzatetto. A volte lavora a maglia, altre volte inveisce contro i dirigenti dell’ospedale vicino oppure paventa qualche disastro per il prossimo settembre.  Ha una voce potente e soffusa, difficile da rappresentare. Ecco, per imitarne il suono dovreste prendere un bidone di latta, riempirlo a metà con della sabbia, avvolgere il tutto con una coperta e poi percuoterlo con una mazza.

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Sul rettilineo, prima della curva del Morar, c’è la controfigura di Carlo Verdone. Non credevo che potessero esistere persone così, pensavo che fossero solo macchiette create dal regista. Forse è proprio per questo che i suoi film non mi sono mai piaciuti. Con tristezza ho scoperto invece che i suoi personaggi esistono veramente e faccio ammenda.

panirlipe-verdoneUn giorno, che può anche essere prossimo, mi fermerò con una scusa qualsiasi e gli chiederò da dove viene, se spunta da un film, se è oriundo, se ha imparato a parlare guardando la televisione. Voglio capire se è genuino. Perché io poco apprezzo Verdone, ancora meno i suoi epigoni.

La Corsa – 12

Dopo un avvio timido

ho iniziato a frequentare esclusivamente il Central Park. All’inizio c’erano poche persone: qualche pensionato, i pochi che correvano con me nell’altro parco, e le ronde, quelle sì. Le ronde leghiste! Sono comparse per un giorno e poi sono sparite.

Un po’ alla volta sono arrivati i lampioni, il collegamento wi fi, le fontanine, l’impianto d’irrigazione, il castello di legno per i bambini! E poi i percorsi tracciati come e addirittura un gabinetto.

Nell’ampio spazio verde si tenevano  dei veri tornei di Cricket, con squadre di cingalesi che si affrontavano per una giornata intera. A qualcuno dell’amministrazione comunale, quest’allegria extracomunitaria deve aver dato fastidio e quindi si è proceduto a tracciare un altro sentiero, tanto per interrompere lo spazio di gioco.

Ho continuato con i miei allenamenti, uno al mercoledì sera e l’altro al sabato mattina, fino a quando ho preso a correre solo la sera. Perché i personaggi erano più interessanti.

La Corsa – 11

Appropriazione indebita

L’appropriazione indebita è una fattispecie di reato riconosciuta – con diverse denominazioni – in numerosi sistemi giuridici contemporanei (embezzlement nella Common law britannica, abus de confiance nel sistema giuridico francese, ecc.) con il comune denominatore di appropriazione di beni di cui si sia già in possesso, a differenza del furto che presuppone anche una presa di possesso del bene alienato.
Wikipedia

E poi venne il Central Park!

Proprio lì vicino, in un’area che apparteneva a Comune, Provincia, Regione.  Terra di tutti e di nessuno. Per anni sono andati avanti dicendo: “E’ mia!”, “No, è mia!, “Allora facciamo a metà”.
Fino a quando sembrava che si fosse raggiunto un accordo: metà parco, metà palazzoni.panirlipe-palazzoni
Ma mica eravamo contenti. I comitati di quartiere hanno iniziato a protestare e dopo varie manifestazioni il sindaco di centrosinistra è riuscito a prendere tutto il terreno per destinarlo ad un parco.panirlipe-no

Poi, a cose fatte,  è arrivato il sindaco di centrodestra che ha detto:
“go fato tuto mi, merito mio”.

In un parco così grande…era destino finirci a correre. Un po’ a malincuore, lo ammetto. A quel piccolo circuito tra ospedale e cimitero mi ci ero affezionato. Ma quello nuovo stava tra l’ospedale, le scuole, il comando di polizia e quello dei vigili del fuoco. Il cambio era conveniente.
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Ilaria Urbinati: tornare bambini con i vintagismi

I vintagismi sono i ricordi che ciascuno di noi conserva nella propria memoria o nel proprio cuore.

Ilaria Urbinati

Quando nel dicembre del 2011 acquistai il kindle, mi ripromisi  che avrei comunque continuato a prendere  libri di carta. Questi però avrebbero dovuto rispettare 3 condizioni,  prese singolarmente o anche insieme.
Da allora, il libro che per me può essere acquistato deve essere:

  • Di un autore esordiente o sconosciuto
  • Di una casa editrice minore
  • Una graphic novel

Ho appena concluso la lettura del 79° ebook e pure la rilettura dell’ultimo libro cartaceo, che comprende tutte e tre le caratteristiche elencate sopra.  Per me rappresenta  l’acquisto perfetto!

Si tratta di Vintagismi di Ilaria Urbinati, edito da Compagine Edizioni e come dice l’autrice, 160 pagine di pura “compilation anni ’90” piena di ricordi, frangette, fouseaux e “sandali con gli occhi”.

Durante la lettura, oltre ad essermi divertito, mi sono detto:
“mah…negli anni ’90 io ero già maritato, già padre, già avanti…eppure…”.

Eppure, nonostante la televisione, le playstation, i cellulari, pare che certe cose restino immutate in ogni generazione. Parlo dei giochi all’aperto, anche se sempre più rari. Parlo di quelle sensazioni che ti fanno capire che la stagione sta cambiando. Parlo delle dinamiche familiari, i rapporti con i parenti.

In questo libricino ho rivisto molte situazioni che ho vissuto da piccolo, altre che probabilmente ho replicato con i figli ma soprattutto ho capito che solo i bambini sanno essere geniali, tanto da dipingere una X sul guscio di una lumaca per poterla riconoscere la stagione successiva.

E poi ho trovato l’immagine che rappresenta un mio sogno, che prima o poi realizzerò: quello di avere una grande roccia in giardino.

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Vintagismi è un piccolo libro nel quale è difficile non riconoscersi o non riconoscere qualcuno. C’è sempre una situazione che fa ricordare un’episodio vissuto, anche se il soggetto cambia.
Prendiamo ad esempio l’immagine sopra, Ilaria che dopo molti tentativi e abbandoni riesce a salire sulla grande pietra presente nel giardino.

“Rimasi lì. terrorizzata ed euforica, stupita dal mio stesso ardire. Fu epico e definitivo, una conquista intima e totale”.

Purtroppo, come dirà la stessa autrice, “il mio cambiamento epocale rimase invisibile e non celebrato”.
Quello che mi fa sorridere è che in un altro punto del libro Ilaria spiega come il suo nome derivi da Edmund Hillary, il primo uomo a salire sull’Everest (e detto tra parentesi, uno dei miei eroi d’infanzia).

E quindi ho ripensato a quante volte le mie conquiste, le mie vittorie, i miei cambiamenti sono passati inosservati, anche se non si trattava di grosse pietre da scalare ma, piuttosto, vincenti partite a pallone, sonate per pianoforte ben eseguite, disegni che reputavo capolavori…

Insomma, non so se si è ben capito: le immagini e gli spunti che questo libro offre sono molti ed è difficile sceglierne uno sopra agli altri. Io ho scelto questo della pietra perché credo che tutti abbiamo avuto una montagna da superare e in qualche caso anche i nostri sforzi sono stati invisibili o non celebrati.
Chi questa montagna non l’ha ancora trovata, peccato per lui.

La Corsa – 10

L’approvazione degli altri è uno stimolante del quale talvolta è bene diffidare.
Paul Cézanne

Il 2007 era stato un anno eccezionale: avevo tenuto fede al mio programma di allenamento. Oddio, allenamento non è un termine che mi piace. Preferisco dire che ero rimasto fedele alla linea, il che può suscitare nostalgie sovietiche, musiche filo punk o supposizioni dietetiche.
Durante quei 365 giorni ho saltato solo due sedute, assenze giustificate poiché mi trovavo in trasferta a Roma. Ma comunque, in quei giorni invece di utilizzare l’autobus io e il mio collega affrontavamo a piedi i 40 minuti che dividevano l’hotel dalla sede del cliente, e viceversa. Anche questa passeggiata era un ottimo esercizio.
Se proprio non ero in forma, se mi sentivo stanco o malaticcio, andavo al parco e invece di correre camminavo, sempre per mezzora.

Sì, era stato un anno formidabile.
A dicembre rilasciai un’intervista al mio personale giornale di fantasia.

“Pani, è stato un anno decisamente buono”.
“Sì, non posso lamentarmi, sono riuscito dove credevo che fosse impossibile”.
“Ma quali sono i motivi della tua corsa, perché corri?”
“Per avere una disciplina, l’ho sempre detto. E questo mi aiuta a scrivere: corro due volte la settimana e se ho qualche progetto avviato scrivo tre pagine ogni sera”.
“E funziona?”
“Quest’anno ha funzionato benissimo: ho scritto due romanzi, uno durante il primo semestre e l’altro durante il secondo. Senza la corsa non ci sarei riuscito”.
“Fantastico! E sono stati pubblicati?”
“No, li ho inviati a qualche casa editrice”.
“Quindi sono in fase di stampa…”
“Macché, non li avranno nemmeno letti”.
“Una fatica inutile allora”.
“No, per niente. Qualche amico ha letto il manoscritto e questo già mi basta”.
“Già ti basta? Ma i libri devono finire in libreria, in biblioteca. E poi, vuoi mettere il prestigio, l’onore di…”
“Per un libro basta anche un solo lettore. Se la tua storia è stata letta da qualcuno, la fatica che hai impiegato è già stata ripagata”.

Il giornalista non era molto convinto. Lo era di più la giornalista che venne dopo.

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La Corsa – 9

Uno sciocco trova sempre uno più sciocco che lo ammira.
Nicolas Boileau

Oltre alla coppia di sparring partner, c’erano altre presenze che mi accompagnavano durante gli allenamenti. Al mercoledì delle serate invernali non trovavo quasi nessuno, al sabato mattina invece tutto cambiava.
Ma con l’arrivo della primavera e delle prove costume, il paesaggio diventava molto più interessante.
Al sabato trovavo occasionalmente una ragazza vestita tutta di nero, il viso un po’ avicolo ma tutto il resto degno di nota. Mi accorsi che aveva un comportamento strano: mi superava e dopo un centinaio di metri si fermava lungo la pista per fare qualche esercizio di stretching. Questi esercizi prevedevano sempre l’esposizione del sedere.

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Durante le calde sedute estive c’era una ragazza che era solita avvicinarsi per fare degli esercizi, anche lei amava dimostrare tutto il suo vigore, le disarticolazioni, il fondo schiena e tutto il resto.

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Ne parlai con un mio collega che se ne intende molto di comportamenti umani.
Gli dissi:
“Non mi spiego questo avvicinarsi a me quando intorno c’è un sacco di spazio. Non mi spiego questo esibizionismo. Eppure, io sono tutt’altro che un fusto ed ho pure la fede al dito. Non posso dare adito a dubbi”.
“Vedi…alcune donne quanto sentono di essere ammirate, guardate, già hanno raggiunto lo scopo, la propria soddisfazione”.
Questo è in sintesi quello che mi aveva detto. Ma le parole usate erano ben altre, tutte raffinate. La frase stava bene in piedi e pure il ragionamento. Insomma, una di quelle frasi perfette che poi, disgraziatamente sono difficili da tenere a mente.

La Corsa – 8

 

Esitare va benissimo, se poi fai quello che devi fare.
Bertolt Brecht

Un sabato mattino, spronato dalla coppia, prolungai la corsa fino ai 40 minuti,tempo che  poi divenne quasi una costante. Perché se io iniziavo prima l’allenamento e loro arrivavano dopo dieci, quindici minuti o anche mezz’ora, mi dispiaceva abbandonare subito il campo. Va da sè che un po’ alla volta divenne quasi un’abitudine. E poi successe che esagerai. Sempre un sabato mattino trovai un amico che correva.
“Io faccio solo dieci giri e poi sono a posto” disse lui.
“Io faccio solo mezz’ora, e poi sono a posto” risposi.
Probabilmente non avevo molta voglia di fermarmi  a parlare e quindi continuai a correre, correre, correre, fino a quando raggiunsi quell’estasi che ti fa continuare senza fatica. Avrei corso tutta la mattina, invece mi fermai dopo un’ora e venti minuti.
Perché spesso, a me piace fermarmi un po’ prima.
Poi arrivarono i giornalisti per l’intervista. Ormai mi ero abituato a loro.

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La corsa – 4

“Beati coloro che vedono le cose belle in luoghi umili dove invece altre persone non vedono nulla.”

Camille Pissarro

Disciplina! Ecco quale sarebbe stata la motivazione. Non mollare mai, tenere la frequenza dei due allenamenti alla settimana.

Tuttavia, correre tra strade e marciapiedi, soprattutto verso sera, quando tutti i lavoratori sono andati o rientrati, non è molto salutare. E correre lungo gli argini dell’Adige non lo è altrettanto, specie quando c’è buio.
Dovevo trovare qualcosa, un parco, un campo, una pista. Mi venne in mente che proprio vicino a casa esisteva un campo giochi. Sì, era vicino a casa ma ci ero andato solo una volta, circa dieci anni prima.

Era perfetto!

Quasi isolato, poche persone, una pista che girava intorno di circa 500 metri.
Si trovava proprio in mezzo a due edifici fondamentali: l’ospedale e il cimitero.
In ogni caso, nel peggiore dei casi…sarei stato comodo al trasporto.

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La corsa – 3

“L’importante è il viaggio, non la meta”
Lo dicono tutti

Sì, l’importante è il percorso, il tragitto, l’attesa del raggiungimento. Poi, quando questo accade,  si tratta solo del coronamento degli sforzi compiuti.
Considerata la mia scarsa esperienza, le condizioni fisiche e tutto il resto, pensavo che per raggiungere il mio obiettivo, 30 minuti di corsa senza sosta, avrei impiegato qualche mese.
Invece, dopo qualche seduta arrivai subito a 18 minuti, 28…35.

Ne parlò anche il mio personale giornale, il quotidiano che sta nella mia fantasia:
“Pani brucia le tappe e in breve raggiunge i 30 minuti!”

E adesso? Quali motivazioni avrei trovato per continuare a correre?

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