Uno dei motivi per cui al sabato acquisto La Repubblica è per leggere la rubrica di Concita de Gregorio sull’allegato “D”.
È il primo articolo che leggo e spesso ritaglio la pagina e la metto da parte, per leggerla con calma. Nel mio quaderno degli appunti ne conservo una che ogni tanto vado a consultare, così, tanto per ripassare e capire come funziona la vita. Risale allo scorso anno o forse all’anno prima ancora e qui ve la riporto quasi integralmente.
L’armonia elementare
Alla scuola di musica dei ragazzi c’è un foglietto affisso in bacheca proprio sopra la fotocopiatrice, davanti alla porta dell’aula di orchestra. I bambini vanno avanti e indietro coi loro miniviolini, nani di cinque anni con microfagotti, preadolescenti goffi che reggono il flauto e perdono lo spartito: c’è la lezione aperta, stamani, una specie di saggio di fine anno solo un po’ meno ansiogeno, un po’ meno solenne. Accordano, per noi adulti non è ancora il momento di entrare. Nell’attesa mi concentro sul foglietto attaccato storto. “Le regole d’oro della musica d’insieme”, dice il titolo. Anonimo: deve averlo scritto uno degli insegnanti dell’orchestra dei piccoli. Seguono 15 punti… un manifesto poetico. Una guida per l’orientamento nell’esistenza. Avverte i bambini del necessario e comincia così.
Punto 1: “Suonate tutti lo stesso pezzo”. In effetti è cruciale. Quante volte una storia finisce perché sembrava di aver aperto lo stesso spartito e invece se ne suonavano due? In quante conversazioni ciascuno parla da solo? È fondamentale educare l’orecchio subito: bisogna che la pagina sia la stessa. Se lo capisci alla prima battuta ti salvi, se no ti infogni anche per anni.
Punto 6: “Una nota giusta al momento sbagliato è una nota sbagliata”. Avere ragione quando non è il momento, che condanna.
Punto 7: “Se tutti si imbrogliano eccetto voi allora siete voi a imbrogliarvi”. La legge della maggioranza, la solitudine dei controcorrente.
Punto 8: “Cercate di massimizzare il numero di note per secondo: vi guadagnerete l’ammirazione degli incompetenti”. Siate veloci, scenografici, scollati, esuberanti. Siate pirotecnici anche se insensati: di certo ci sarà qualcuno pronto a farvi una foto.
Punto 10: “Se un passo è difficile rallentate. Se è facile accelerate. Alla fine tutto si aggiusta”. Se è difficile rallentate. Ripeto: se è difficile, rallentate.
Punto 12: “Se per colpa vostra tutti gli altri si sono dovuti fermare spiegate dettagliatamente le ragioni per le quali vi siete imbrogliati. Tutto ciò desta sempre molto interesse”. Ironico, suppongo. Non frega niente a nessuno del vostro mal di pancia, della lite con la nonna, della notte insonne. I vostri problemi valgono quanto quelli degli altri: la musica d’insieme funziona se nessuno pretende di far prevalere il suo. Il matrimonio anche, la vita in ufficio pure, le vacanze in gruppo altrettanto.
Punto 14: “Una nota stonata con timidezza è una nota stonata. Una nota stonata suonata con autorità è un’interpretazione”. Il potere dell’autostima, fantastico: non esiste chi non sbaglia, esistono quelli che sbagliano con tanta eleganza da farti pensare che hai sbagliato tu. Sono una moltitudine, in genere bravissimi: bisogna imparare a scovarli fin da piccoli e difendersene.
Punto 15: “Quando tutti gli altri hanno finito di suonare non continuate a suonare le note che vi sono avanzate”. Questo è il punto più triste. Quando è finita non lo decidi tu. Se vedi quello davanti che chiude il libro e si mette a braccia conserte allora è finita: hai voglia di protestare, di dire ma no dai parliamone ancora, riproviamo daccapo, c’è tanto da suonare avanti che è bellissimo. Niente, è finita. Le note che ti avanzano è meglio che tu le metta in tasca. Che tu vada a fare un giro lontano. Che pensi ad altro. Che provi a ricominciare se hai fortuna. Un’altra musica, meglio.
Ecco, io sarei curioso di conoscere anche gli altri punti ma il numero 15 è quello che mi ha colpito di più. Perché le mie tasche sono piene di note avanzate, musiche che avrei potuto suonare all’infinito, note che vorrei far uscire per lasciare il posto a quello che normalmente si infila in una tasca. Perché in genere si finisce di suonare quando si è d’accordo, quando lo dice lo spartito o quando la sala chiude. Se invece il tuo compagno chiude il libro, ripone lo strumento, si alza e se ne va senza dire nulla, trovo questo atteggiamento un po’ immaturo, poco rispettoso ma soprattutto egoista. Specie se ripetuto. E allora riprenderò a suonare, da solista.
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