“Vai in macchina?”
Questa volta, a malincuore cedo. Fuori diluvia e per arrivare indenne al lavoro dovrei vestirmi da palombaro.
Prendo l’auto (in sei mesi questa è la quarta volta), sfilo davanti al mercatino e con stupore noto che ci sono tutti, anche i cinesi. Aziono il tergicristalli al massimo e vedo pozzanghere trasformarsi in laghi canadesi. Se camminassi sul bordo della strada, come faccio tutti i giorni, ora svilupperei dei pensieri molto più umidi.
La pioggia frastuona sul tetto, davanti a me non vedo nulla se non il grigio. Ora capisco perché nel giardino del civico 33 c’è una barca.
Penso poi che le guarnizioni di gomma, anche quelle rosse, in questi oceani occasionali potrebbero assomigliare a delle meduse. Eppure mi manca la mia passeggiata: oggi pomeriggio torno a piedi.
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Il pleut doucement sur la ville
Forse qualche volta, una leggera pioggerellina che portava refrigerio. E poi sì, una notte, le gocce a fare musica sul tetto.
Per il resto, la nostra permanenza a Parigi è stata accompagnata da un sole nitido e pompelmoso. Da un cielo terso, liscio come un lenzuolo appena stirato. E poi da cieli lavorati e bombosi come un dipinto.
Il pleut doucement sur la ville.
(Arthur Rimbaud)
Il pleure dans mon coeur
Comme il pleut sur la ville,
Quelle est cette langueur
Qui pénètre mon coeur ?
Ô bruit doux de la pluie
Par terre et sur les toits !
Pour un coeur qui s’ennuie
Ô le chant de la pluie !
Il pleure sans raison
Dans ce coeur qui s’écœure.
Quoi ! nulle trahison ?
Ce deuil c’est sans raison.
C’est bien la pire peine
De ne savoir pourquoi,
Sans amour et sans haine,
Mon coeur a tant de peine !
Variazioni di settembre
Oggi mi gira così, come un pianoforte calante e un pizzico scordato