Quando erano scaduti i tre anni lei si presentò a casa sua con un cofanetto di legno intarsiato.
“Oggi sono tre anni” gli disse.
“Sì, sono tre anni”.
“Ti ricordi quando mi hai detto che io assomigliavo a un tre?”
“Sì, lo ricordo. È stato proprio tre anni fa. Te lo dissi per la bocca, per la forma delle tue labbra, sottili quelle superiori e morbide quelle inferiori”.
Lei sorrise e appoggiò il cofanetto sul tavolo.
“Cosa c’è lì dentro?”
“Il tuo cuore”.
Istintivamente lui si portò la mano al petto. Batteva ancora, fece un sospiro e poi si passò la mano sulla fronte.
“Ma che stai dicendo? È ancora qui!”
“Sciocco. Ci sono tutti i tuoi regali preziosi: anelli, collane, bracciali”.
“E perché?”
“Per la regola del tre”.
“Non capisco. Che c’entra le regola del tre?” disse portandosi di nuovo la mano sul petto. Questa volta lo sentiva battere forte. Gli pulsava anche la gola e le parole uscivano a fatica.
“La regola del tre dice che un amore dura tre anni. Il primo è fantastico, il secondo mediocre, il terzo da incubo”.
“Continuo a non capire”.
“È finita, mi dispiace. Forse era meglio se avessi avuto le labbra a forma di otto. Ma non preoccuparti, fra tre anni mi dimenticherai. La regola del tre vale anche per questo”.